Dicembre è arrivato, e come sempre porta con sé una magia tutta speciale. Le strade si illuminano, le canzoni di Natale tornano nelle radio, e sugli scaffali dei negozi e nelle vetrine delle pasticcerie iniziano a comparire i sapori più amati delle feste. Anche quest’anno, i dolci natalizi per eccellenza, panettoni e pandori, occupano una posizione di rilievo, rivelandosi un territorio fertile per sperimentazioni e collaborazioni creative. Per il numero di dicembre di Gintastico, abbiamo scelto di concentrarci su una tendenza in continua crescita: i panettoni a base di spirits.
Questo approccio che unisce pasticceria e distillati ha riscosso un forte interesse negli ultimi anni, dando vita a prodotti che uniscono sapori classici a note aromatiche più complesse. Quest’anno, la nostra testata ha deciso di inaugurare i Gintastico Awards, un riconoscimento speciale dedicato ai migliori panettoni a base di spirits. I nostri esperti assaggeranno e valuteranno i panettoni selezionati, classificandoli in cinque categorie distinte per rendere omaggio alla diversità dei prodotti:
MIGLIOR PANETTONE AL GIN INTERNAZIONALE: qui si valorizzano le creazioni che incorporano gin internazionali, con attenzione alla qualità e all’originalità dei profili aromatici, per un’esperienza dal respiro globale.
MIGLIOR PANETTONE CON DISTILLATO ITALIANO: questa categoria esplora panettoni realizzati con altri distillati italiani oltre al gin, che spaziano dalla grappa alle vodka, fino ad acquaviti e whisky, evidenziando la capacità di reinterpretare la pasticceria con spiriti nostrani.
MIGLIOR PANETTONE CON DISTILLATO INTERNAZIONALE: dedicata ai panettoni che incorporano distillati stranieri, questa categoria premia la capacità di combinare la dolcezza del panettone con sapori provenienti da altre tradizioni, creando un’armonia unica.
MIGLIOR PANETTONE AL LIQUORE: un omaggio ai panettoni arricchiti con liquori di vario genere, che spaziano dalle creme liquorose ai blend aromatici, per dare al dolce un carattere avvolgente e profondo.
Con questa selezione, il numero di dicembre di Gintastico è un invito a scoprire un mondo di sapori natalizi reinterpretati in chiave moderna, offrendo una guida ai panettoni a base di spirits più interessanti da portare sulla tavola delle feste.
MIGLIOR PANETTONE AL GIN ITALIANO: questa categoria premia il miglior panettone che utilizza gin prodotto in Italia, apprezzando l’uso di botaniche locali che conferisco- no al dolce un’identità territoriale unica.
La storia della famiglia Nardini è sinonimo di passione, amore per il proprio territorio e qualità. È la storia della più antica distilleria d’Italia nata nel 1779 all’ingresso del Ponte Vecchio a Bassano del Grappa e frutto del lavoro della famiglia Nardini. Tra i regali di Natale più apprezzati rimangono da secoli i panettoni, da sempre considerati un simbolo importante della nostra tradizione natalizia. È in questo contesto che si colloca Il Panettone artigianale alla Grappa Nardini , utilizza esclusivamente ingredienti di primissima qualità per dare vita ad un processo di lavorazione della durata di 4 giorni che garantisce leggerezza e digeribilità uniche.
Il Panettone al Rum Hampden di Cascina Vittoria è già stato premiato più volte negli ultimi anni. La sua unicità risiede nella scelta degli ingredienti: un lievito madre antico, farine di frumento selezionate, burro belga di qualità superiore, tuorli freschi di galline, oche e anatre, miele millefiori, frutta candita naturale e pregiate bacche di Vanilla Tahitensis. A completare il tutto, un ingrediente segreto ideato dallo chef Giovanni Ricciardella.
Disponibile tutto l’anno, questo panettone è interamente artigianale e richiede tempi di preparazione adeguati per garantire la massima qualità. Nonostante le numerose richieste, Cascina Vittoria continua a rispettare rigorosamente ogni fase della produzione, offrendo un prodotto unico per morbidezza e sapore. Per gli ordini, è necessario considerare alcuni giorni tra la prenotazione e la consegna, un’attesa ripagata da un dolce inimitabile che saprà stupire chiunque lo assaggi.
Il Panettone ai frutti al profumo di Chartreuse è l’incontro perfetto tra il famoso liquore francese Chartreuse e l’arte dei lievitati di Morlacchi. La realizzazione del panettone inizia con la preparazione della cosiddetta “madre”, il lievito naturale ottenuto da un impasto di acqua e farina fermentata che viene lasciato a riposare. Dopo le fasi dei rinfreschi si aggiunge all’impasto farina, uova, zucchero, acqua e successivamente il burro. Passate 15 ore di lievitazione avviene un secondo impasto.
A questo punto vengono aggiunti gli aromi naturali composti da miele, arancia, limone, vaniglia e la frutta candita. Dopo la cottura, il panettone viene lasciato capovolto a raffreddare per un’intera notte. Prima di gustarlo, è consigliato tenerlo un paio d’ore vicino ad una fonte di calore per permettere al burro di ammorbidirsi e a tutti i profumi contenuti di esaltarsi al meglio.
Adamus è un gin premium organico prodotto artigianalmente in Portogallo dalla Distilleria Levira. Questo gin si distingue per la sua botanica principale, l’uva Baga, un vitigno storico del Portogallo che conferisce al distillato un sapore unico e inconfondibile. Accanto alla Baga, Adamus include una ricca varietà di estratti botanici, tra cui ibisco, arancia, ginepro, limone, cannella, zenzero e salvia, che ne arricchiscono il profilo aromatico. Il nome “Adamus” deriva dalla parola greca adamas, che significa “diamante”, sottolineando l’eleganza e la preziosità di questo gin.
Anche quest’anno, l’azienda DOVEL, distributore esclusivo nazionale del Gin Adamus, ha presentato una novità gastronomica: il Panettone al Gin Adamus. Questo panettone artigianale, del peso di 1 kg, è farcito con una crema al Gin Adamus e arricchito da cubetti di arancia candi- ta. La superficie è ricoperta da una glassa al cioccolato bianco, rendendolo un dolce raMnato e originale, perfetto per le festività.
Manca una categoria ovvero “Miglior panettone a base di Gin Italiano”. Perché? Perché vogliamo siate voi ad aiutarci a sceglier- lo in questa prima edizione! Contattateci tramite i nostri social per segnalarci i prodotti che avete assaggiato questo Natale e che più vi hanno convinto, oppure, se siete produttori, diteci le vo- stre creazioni. Noi saremo felici di provarle e di votarle insieme al pubblico, per decidere il vincitore di questa prima edizione per la categoria Miglior Gin italiano. Noi vi aiutiamo a scegliere il miglior distillato da mettere nel bicchiere, ora tocca vuoi aiutarci per deliberare il miglior dolce da mettere sulla tavola di Natale.
Fever-Tree, il primo brand di mixer premium, presenta l’esclusivo Calendario dell’Avvento per gli appassionati di mixology che amano sperimentare nuove combinazioni direttamente a casa e scoprire così nuovi abbinamenti. Un regalo perfetto per sé e per gli amici per concedersi un vero e proprio viaggio nel mondo dei cocktail con creatività, gusto e divertimento in attesa del Natale.
24 caselle da “aprire” giorno dopo giorno per un totale di 12 lattine Fever-Tree, disponibili in sei varianti, a cui abbinare altrettante mini size di spirits, selezionate tra i brand rappresentati da Velier. Tra queste, figurano grandi classici come Hendrick's Gin e Tito's Vodka, insieme a proposte come il Nikka Super Japanese Whisky e i prodotti analcolici Everleaf.
Il Calendario dell’Avvento Fever-Tree è disponibile a partire da inizio novembre presso i punti vendita di Esselunga e Carrefour, su Amazon e nelle migliori enoteche.
Fever-Tree è la prima gamma di mixer super-premium lanciata nel 2005 a partire da una ricerca mirata delle migliori botaniche presenti sul mercato. A differenza della maggior parte delle bibite presenti oggi, che sono conservate con benzoato di sodio o sostanze simili o che prevedono l’utilizzo di dolcificanti artificiali (come la saccarina), Fever-Tree, per volontà dei due co-fondatori Charles Rolls e Tim Warrillow, utilizza solo ingredienti naturali, senza additivi o conservanti.
La Tonica Fever-Tree, punta di diamante della gamma, prevede l’impiego della miglior qualità di chinino proveniente dal confine tra Ruanda e Congo e miscelato con acqua di fonte e otto diverse botaniche, includendo rari ingredienti come gli estratti di calendula e arancia amara proveniente dal Messico. Tutti i mixer Fever-Tree sono contraddistinti da un’elevata effervescenza, fatta di piccole bollicine che creano una sensazione morbida e delicata al palato. In ogni mixer della gamma le bolle hanno il compito di trattenere il gusto delle botaniche e arricchire gli aromi dei distillati.
Rirò è un vino unico che racconta in modo innovativo la sua terra d'origine, la Toscana. Rappresenta un'evoluzione fresca e giovane della tradizione del vino rosso, proponendosi come una scelta moderna, curiosa e accattivante per l'aperitivo all'italiana.
Frutto del desiderio di rinnovare il concetto di vino rosso toscano in un'esperienza insolita e sorprendente, che porta la firma di una famiglia ambasciatrice del gusto territoriale dal lontano 1938. La nuova generazione della famiglia Barbanera propone infatti un vino che intreccia i valori identitari del miglior made in Tuscany alla freschezza della gioventù e alla voglia di stupire, per un nuovo modo di bere toscano.
Rirò nasce con la voglia di diventare l’aperitivo Rosso Italiano, uno status da legare ad un nome semplice, moderno e di impatto. Come esistono numerosi cocktail da aperitivo a base di vino bianco e spirit, così la famiglia Barbanera ha avvertito la necessità di produrre un rosso capace di colmare questo gap nell’offerta. Una scelta che vuole intercettare una domanda sempre più importante e curiosa nel settore aperitivi con un prodotto made in Tuscany e, gettare le basi per un futuro Spritzrirò, a testimonianza della versatilità di questo vino rosso.
Si tratta di un prodotto in grado di catturare la linfa innovatrice insita nel territorio toscano, presentandosi sotto forma di un rosso senza stagione, pensato sia per essere bevuto a freddo grazie alle sue note fresche e vivaci sia all’interno di particolari miscele. L’etichetta è infatti ideale per essere utilizzata come base all’interno di cocktail differenti, siano essi drink estivi o invernali. L'obiettivo è infatti fornire un’alternativa ai classici accompagnamenti alcolici dell’aperitivo all’italiana, con una bevanda peculiare che trascende i confini di semplice vino, per abbracciare il mondo dell’arte della mixology in una maniera moderna e coraggiosa.
Nascono così alcuni drink molto particolari, che spaziano da preparazioni più semplici come il Summer Rirò (Rirò, chinotto, una fetta di arancio e una foglia di menta) o il Fruit Rirò (Rirò, dadi di pesca e ghiaccio) ad altre più complesse. Tra queste ultime rientrano il Passion Rirò, preparato con succo al Passion Fruit, vino e Acqua limone e menta, o il Pink Rirò, con pompelmo rosa, vino e china Martini.
Altre miscele capaci di rievocare sapori tipici dell’aperitivo all’italiana sono sicuramente il Bitter Rirò, in cui spiccano i sapori del lampone e arancio pestato uniti a vino, chinotto e sciroppo di zucchero, o il Cherry Rirò, che vede l’utilizzo del rabarbaro, dello sciroppo di zucchero e della ciliegia al maraschino.
Le doti organolettiche di Rirò (rosso Toscana IGT)svelano così un vino particolare dotato di una grande complessità di aromi, che ben si adatta alla duplice modalità di consumo: da solo o all’interno di cocktail. Al naso, infatti, si percepiscono immediatamente le note giovani, dolci e fragranti di frutta di bosco, ribes e lamponi, fichi e uva spina, che si mescolano ad una pluralità di altri profumi, come la buccia d'arancia e il pompelmo. Al palato si caratterizza per un gusto inaspettato, si apre infatti con una piacevole freschezza e offre una straordinaria armonia di sapori, che persistono a lungo nel finale.
Limone d’Amalfi Igp, Limone di Sorrento Igp, Limone di Procida (detto limone pane) sono solo alcune delle varietà dell’agrume che ormai è nel biglietto da visita della Campania e della zona di Costiera Amalfitana e penisola Sorrentina. In questa stagione i limoni pendono dai rami dei “giardini” e non si può che restare affascinati dal loro giallo intenso, dal profumo inebriante. Il limone strutturalmente viene diviso in: buccia, liscia o rugosa e ricca di oli essenziali, da cui le zest; albedo, la membrana bianca spugnosa e piuttosto spessa; la polpa, aspra e molto succosa divisa in spicchi da cui il succo.
Diviene, così, presenza immancabile nella cucina campana e rappresenta un ingrediente versatile in piatti salati e dolci. Che sia lo sfusato amalfitano - ricco di vitamina C, privo di semi e carico a naso o il “limone pane”, varietà isolana di femminello ovale – detto così per il suo albedo, spesso e poco amaro, molto appetitoso è onnipresente.
Marco Cefalo, chef resident presso In Cibum, ci dice: “Il limone è un prodotto valorizzante e super discusso a scuola per tutti gli utilizzi nelle sue parti con cui si possono sottolineare delle varie tonalità a seconda di come (e cosa) viene usato. La parte gialla esterna serve a dare freschezza con una spinta non particolarmente acida, caratteristica che in- vece troviamo usando il succo; con la parte bianca si va a lavorare sull’amaro, cosa impegnativa perché va sbollentata più volte per poi essere trasformata in crema, passaggio che alcuni chef usano nella creazione di risotti e paste.”
I limoni hanno una loro stagionalità anche se ormai siamo abituati a reperirli tutto l’anno, ma è semplice recepire quanto il gusto non sia pieno come quelli di questo periodo clou. Chef Cefalo ci regala una tecnica per conservare il limone: l"a fermentazione sotto sale grosso; così, il limone può essere utilizzato durante tutto l’anno per insalate o anche sfruttandone il succo dal sapore leggermente salino seppur a prevalenza acida (il sale viene destrutturato dall’acido) ricavandone una colatura di limone.”
Gli utilizzi del limone sono davvero infiniti, il più “semplice” è la marinatura (che non è una cottura, ma un modo per far cambiare il prodotto: sbianchisce le carni e le destruttura), che regala al pesce una texture unica ed un gusto particolare. Si pensi al ceviche peruviano.
“Ci sono due cose sbagliate che continuiamo a fare con il limone” - continua Cefalo - “nel fare il limoncello non serve macerare le bucce in alcol per settimane, la chimica ci dice che dopo 24 ore il limone non cede più nulla. Altro errore è spremere il limone sulla frittura rovinando la crosta che abbiam tanto cercato. Consiglio di fare un fluid gel che darà la possibilità di pucciare il fritto senza perderne la croccantezza. Come? Unire succo di limone e agar, per gelificare, e poi frullare aggiungendo zest e limone candito per intensificarne il sapore.”
Lo chef Domenico Iavarone è un simbolo della cucina campana ed il limone è un must have nei suoi piatti. Ironia: attualmente è l’executive chef del ristorante Zest all’interno dell’Hotel La Favorita. In particolare, c’è un piatto che si porta dietro dal 2015 che è diventato il suo signature: risotto, limone, scampi e liquirizia. Ad esso viene abbinato il Ruby Red, drink in cui è ancora il limone protagonista: Fernet Branca, chinotto, melograno, succo di limone e lime, zest di limone; il tutto viene sodato e servito in calice a vino con sfera di ghiaccio.
Possiamo dire che il limone può caratterizzare una intera degustazione variando sempre.
L’effetto sorpresa ci fa sempre tornare tutti un po’ bambini, ed è forse per questo che per molti di noi non esiste golosità maggiore per Pasqua che concedersi il celebre uovo di cioccolato. Se da un lato la tradizione delle uova legate a questa festività ha radici antiche in buona parte d’Europa, dall’altro la leggenda vuole che la loro versione a base di cacao fu inventata durante il regno di Luigi XIV, il re Sole, che ne fece punto d’orgoglio proprio per dimostrare l’abilità dei raffinati maître chocolatier francesi. Come per il panettone, sempre di più la scelta dei consumatori si sta spostando dalle “industriali” alle artigianali. Ma allora quali sono quelle da provare per quest’anno? Le nostre uova di Pasqua preferite sono quelle della maison Bonfissuto, made in Sicily (Canicattì, Provincia di Agrigento) che ha realizzato un uovo “da rompere” al cioccolato fondente di Modica e con un martelletto nel cofanetto per agevolare la rottura del guscio. Alla pasticceria Lorenzetti di San Giovanni Lupatoto (in provincia di Verona) invece le uova di pasqua hanno le facce di simpatici personaggi, come il simpatico cagnolino di cioccolato al latte o cioccolato fondente Valrhona al 64%.
Ci sono poi alcuni grandi classici che sono ormai entrati nel cuore dei gourmet, come l’iconico Uovo Macarons o l’Uovo Sinfonia Rosé, entrambi prodotti nella bottega di Enrico Rizzi in via Correnti 5, nel cuore di Milano, dove la parola d’ordine è creatività, unita a una continua ricerca di cioccolati rari e pregiati. 30 anni di esperienza nel settore e più di 90 premi internazionali per il cioccolato bean to bar di Amedei, che tra le proposte più iconiche propone il Toscano ai Frutti Rossi, fragole, ciliege e lamponi disidratati su tela di cioccolato. Concludiamo con un altro laboratorio artigianale, quello della Cioccolateria Banchini 1879 di Parma dove le uova sono dei veri gioielli intarsiati di cioccolato, impreziosite con eleganti rifiniture, dalle decorazioni con burro di cacao fino alle inclusioni di frutta secca
Un dolce tradizionale che trionfa per il sapore e affascina per la storia. La Campania “sforna” sempre grandi chicche quando si parla di piatti simbolo delle festività, per golosità e soprattutto per la curiosità che generano miti e leggende che accompagano. La pastiera napoletana è una pasta frolla fatta con sugna (grasso del maiale), farcita da chicchi di grano (bolliti nel latte), ricotta setacciata (di pecora), zucchero e fiori d’arancio; A “chiudere” questa torta, che potremmo definire pure crostata, vi sono le strisce – di pasta frolla, appunto – con funzione di contenere l’impasto: vengono disposte incrociate formando dei rombi dando il caratteristico decoro. Infine, la pastiera va cotta e – che sia in forno di casa o forno a legna – deve essere nel “ruoto”, cioè una teglia tonda che debba esser rigorosamente di rame. L’origine della pastiera sembra esser legata ad un convento, cosa molto usuale nella tradizione dolciaria partenopea. Ci troviamo a San Gregorio Armeno, durante il XVI secolo, quando le suore dell’ordine benedettino misero insieme ingredienti comuni ad altre preparazioni dolci napoletane creando la pastiera. Eppure, la leggenda pagana che i napoletani amano di più è quella legata alla sirena Partenope: a lei, sette fanciulle portarono sette simbolici doni (farina, grano,
zucchero, ricotta, acqua di fiori d’arancio, uova, spezie varie) che incontrandosi nelle mani della sirena, diedero vita alla pastiera napoletana.
La cucina è evoluzione ed adattamento continuo, per cui, tante ricette si sono modernizzate con l’aggiunta di crema pasticcera ma anche con la ricotta di bufala in sostituzione a quella di pecora. Dunque, muovendosi sulle fondamenta di una verità uguale per tutti, possono essere apportate variazioni e personalismi che arricchiscono la ricetta di una tradizione familiare. Lo chef Gian Marco Carli, del ristorante Il Principe (Pompei), propone tuttora la ricetta di sua nonna che definisce “piena di gusto”: con latte e ricotta di pecora (quella asciutta), canditi fatti in casa, essenza di arancia amara ed il burro di vacche agerolesi (molto profumato, dal colore giallo carico e leggermente salato). La Pasticceria Benito, nel casertano (precisamente a Casal di Principe), spinge sulla freschezza data dai profumi che inevitabilmente ricadono sul gusto: infatti utilizza degli oli essenziali di fiori d’arancio e una vaniglia del Madagascar che creano un mix molto identitario. Non c’è una prova bibliografica della nascita di questo dolce, così i napoletani si sono lasciati andare alla loro enorme capacità di raccontarsi attraverso storielle che però hanno tutte origine da una funzione votiva della pastiera, nonché di ringraziamento verso le divinità. Questa è la vera tradizione che permane: regalare una pastiera in segno di riconoscenza.