Che il vino possa non avere come unico destino quello di finire nel bicchiere è ormai noto: sia nel campo della mixology che nelle cucine regionali, non è più inusuale trovare ricette che comprendono l’uso di bianchi, rosati e rossi. Ciò vale anche per amari e vermouth, che talvolta finiscono in piatti dolci e persino salati. C’è però chi ha portato questa trasversalità a un livello superiore, utilizzandolo per dipingere e realizzare opere d’arte che letteralmente invecchiano sulla tela. E’ la pittrice fiorentina Elisabetta Rogai, ideatrice dell’Enoarte, la tecnica pittorica che consente di dipingere col vino al posto dei colori, con sfumature che “maturano” col tempo in base al vitigno utilizzato, passando dalle cromie tipicamente giovanili a quelle caratteristiche della maturità.
Di norma, in cantina questo processo richiede anni, mentre sulla tela la trasformazione delle nuance si avvia già dopo un mese. L’artista toscana ha trovato molteplici utilizzi per il vino, sia della sua regione che di altri terroir italiani, ma di recente ha anche usato il più noto amaro calabrese per conferire nuance ambrate all’opera d’arte che meglio rappresenta la punta dello Stivale, i Bronzi di Riace (nella foto in copertina). “Dal 2010 – spiega Elisabetta Rogai dal suo studio fiorentino – ho iniziato a utilizzare il vino sulla tela, per poi sperimentare altre materie prime come l’aceto balsamico di Modena, vini liquorosi e alcuni amari, dando origine ai dipinti ‘vino su tela’ che sempre più produttori vinicoli scelgono come status symbol”.
In un settore spesso trasversale come quello vinicolo, in cui il lavoro del marketing procede di pari passo con quello in vigna e in cantina per creare la ricetta di un vino di successo, l’ultima tendenza va al di là degli aspetti meramente organolettici. “Da qualche anno – conferma l’artista, che nel 2015 ha anche realizzato, sempre col vino insieme ai colori, il Drappellone del Palio dell’Assunta a Siena – sempre più produttori scelgono di raccontare se stessi e le proprie etichette attraverso un connubio inedito con l’arte”. Se finora i punti di contatto tra i due mondi erano declinati soprattutto in cantine d’autore, concerti tra le vigne o etichette limited edition affidate ad artisti di fama, Elisabetta Rogai ha spostato l’asticella più in là, portando una ventata di contemporaneità nella storica tradizione ritrattistica italiana. Dalla Toscana il progetto dell’EnoArte si è allargato al resto del Paese fino a coinvolgere cantine da Hong Kong a Los Angeles.
E così grazie alla pittura wine-made la promozione del vino italiano scopre una nuova tendenza, quella di mostrare la versatilità di un vino usandolo per immortalare sulla tela colui che quel nettare l’ha creato e visto nascere. A dimostrazione di un certo eclettismo, Elisabetta Rogai dipinge – sempre con il vino, ça va sans dire su marmo bianco di Carrara abbinando, con l’arte, un prodotto del territorio toscano che rappresenta in maniera efficace la sua terra d’origine