Un dolce tradizionale che trionfa per il sapore e affascina per la storia. La Campania “sforna” sempre grandi chicche quando si parla di piatti simbolo delle festività, per golosità e soprattutto per la curiosità che generano miti e leggende che accompagano. La pastiera napoletana è una pasta frolla fatta con sugna (grasso del maiale), farcita da chicchi di grano (bolliti nel latte), ricotta setacciata (di pecora), zucchero e fiori d’arancio; A “chiudere” questa torta, che potremmo definire pure crostata, vi sono le strisce – di pasta frolla, appunto – con funzione di contenere l’impasto: vengono disposte incrociate formando dei rombi dando il caratteristico decoro. Infine, la pastiera va cotta e – che sia in forno di casa o forno a legna – deve essere nel “ruoto”, cioè una teglia tonda che debba esser rigorosamente di rame. L’origine della pastiera sembra esser legata ad un convento, cosa molto usuale nella tradizione dolciaria partenopea. Ci troviamo a San Gregorio Armeno, durante il XVI secolo, quando le suore dell’ordine benedettino misero insieme ingredienti comuni ad altre preparazioni dolci napoletane creando la pastiera. Eppure, la leggenda pagana che i napoletani amano di più è quella legata alla sirena Partenope: a lei, sette fanciulle portarono sette simbolici doni (farina, grano,
zucchero, ricotta, acqua di fiori d’arancio, uova, spezie varie) che incontrandosi nelle mani della sirena, diedero vita alla pastiera napoletana.
La cucina è evoluzione ed adattamento continuo, per cui, tante ricette si sono modernizzate con l’aggiunta di crema pasticcera ma anche con la ricotta di bufala in sostituzione a quella di pecora. Dunque, muovendosi sulle fondamenta di una verità uguale per tutti, possono essere apportate variazioni e personalismi che arricchiscono la ricetta di una tradizione familiare. Lo chef Gian Marco Carli, del ristorante Il Principe (Pompei), propone tuttora la ricetta di sua nonna che definisce “piena di gusto”: con latte e ricotta di pecora (quella asciutta), canditi fatti in casa, essenza di arancia amara ed il burro di vacche agerolesi (molto profumato, dal colore giallo carico e leggermente salato). La Pasticceria Benito, nel casertano (precisamente a Casal di Principe), spinge sulla freschezza data dai profumi che inevitabilmente ricadono sul gusto: infatti utilizza degli oli essenziali di fiori d’arancio e una vaniglia del Madagascar che creano un mix molto identitario. Non c’è una prova bibliografica della nascita di questo dolce, così i napoletani si sono lasciati andare alla loro enorme capacità di raccontarsi attraverso storielle che però hanno tutte origine da una funzione votiva della pastiera, nonché di ringraziamento verso le divinità. Questa è la vera tradizione che permane: regalare una pastiera in segno di riconoscenza.